Aumentano a dismisura i dati relativi ai minorenni e giovani adulti detenuti nelle carceri minorili italiane. Al 15 gennaio 2024 i ragazzi detenuti nei 17 Istituti penali per minorenni del nostro paese erano 496 (13 le donne, 229 gli uomini, gli stranieri 254). L’istituto con più presenze era il Beccaria di Milano, con 69 ragazzi. Quelli con meno erano Quartucciu in Sardegna, con 8 ragazzi presenti, e Pontremoli in Toscana, unico IPM interamente femminile d’Italia, con 8 ragazze.
Quelli sopra elencati sono alcuni dei dati del VII Rapporto di Antigone Ragazzi Dentro, Giustizia minorile e Istituti penali per minorenni. Un rapporto nato per denunciare una problematica che da mesi sta stravolgendo la situazione degli IPM in Italia.
Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, ha dichiarato: “Il modello della giustizia minorile in Italia, fin dal 1988, data in cui entrò in vigore un procedimento penale specifico per i minorenni, è sempre stato un vanto per il paese. Mettendo al centro il recupero dei ragazzi, in un’età cruciale per il loro sviluppo, nella quale educare è preferibile al punire, ha garantito tassi di detenzione sempre molto bassi, una preferenza per misure alternative alla detenzione in carcere, come ad esempio l’affidamento alle comunità e ottenuto un’adesione al percorso risocializzante ampio da parte dei giovani. Dal decreto Caivano in poi, invece, il rischio che questi 35 anni di lavoro vengano cancellati e i ragazzi persi per strada è una prospettiva drammatica e attuale”.
Dal 15 settembre, giorno dell’entrata in vigore del decreto Caivano, fino al 31 dicembre, si sono registrati ben 576 ingressi in 108 giorni.
Secondo Antigone, il Decreto Caivano ha introdotto una serie di misure che stanno avendo e continueranno ad avere effetti distruttivi sul sistema della giustizia minorile, sia in termini di aumento del ricorso alla detenzione che di qualità dei percorsi di recupero per il giovane autore di delitto. L’estensione delle possibilità di applicazione dell’accompagnamento a seguito di flagranza e della custodia cautelare in carcere stravolge l’impianto del codice di procedura penale minorile del 1988 e sta già determinando un’impennata degli ingressi negli istituti penali per i minorenni. L’aumento delle pene e la possibilità di disporre la custodia cautelare in particolare per i fatti di lieve entità legati alle sostanze stupefacenti continuerà a determinare un grande afflusso di giovani in carcere anche in fase cautelare.
Qual è il provvedimento da prendere?
Numeri che se non osservati nello specifico tendono ad essere incomprensibili ma, dal Rapporto di Antigone, si evincono dati davvero allarmati e in tremenda crescita. Per fare un sunto della situazione basta pensare che quasi metà delle presenze degli IPM è detenuto tra Sicilia, Calabria, Puglia, Basilicata e Campania. In queste regioni si trovano infatti 9 dei 17 IPM in funzione in Italia. Dunque il fenomeno della detenzione minorile appare da subito, in misura significative, un fenomeno che ha come protagonista il meridione.
Gli uomini stranieri presenti negli IMP italiani provengono per lo più dalla Tunisia, dal Marocco e dall’Egitto. Le donne straniere provengono invece dalla Bosnia-Erzegovina, dalla Serbia e dalla Croazia. Vi è poi una preponderanza di persone che sono detenute in IPM senza una sentenza definitiva. I detenuti solitamente hanno commesso reati contro il patrimonio. Tra questi, il più ricorrente è la rapina, seguito dal furto. Ci sono poi ragazzi che pagano per reati contro l’incolumità pubblica ovvero, la violazione della legge sugli stupefacenti. Quanto ai reati contro la persona, i fatti generalmente più gravi e che prevedono le pene più severe sono le lesioni personali volontarie.
Di seguito la cruda dichiarazione di Alessio Scandurra.
“Per il secondo anno di fila le presenze negli IPM italiani crescono. Si tratta di una novità importante che mette in discussione una delle costanti che hanno caratterizzato il sistema della giustizia minorile italiano: dalla riforma del processo minorile, e da prima ancora, la giustizia minorile ha reso progressivamente sempre più residuale il ruolo degli IPM, ed in effetti le presenze negli IPM, nella loro tendenza generale, sono andate quasi sempre calando. Oggi assistiamo ad un’inversione di tendenza repentina ed allarmante sulla quale è indispensabile interrogarsi per capirne per quanto possibile le cause. Con il decreto Caivano, che ha fortemente ampliato la possibilità di trasferire i ragazzi maggiorenni, che sono in IPM in quanto avevano compiuto il reato compiuto da minorenni, nelle carceri per adulti si assiste a una ulteriore torsione del sistema, portando queste persone a doversi confrontare con tipo di detenzione più dura, limitata, in luoghi dove i loro bisogni, anche a fronte del grande sovraffollamento e quindi della scarsità di opportunità di studio, lavoro e ricreative, non vengono tenuti nel giusto peso, lasciandoli invece in un sistema che, ad oggi, produce criminalità a causa di tassi di recidiva molto alti”.