Di Anna Agata Mazzeo
Per molto tempo, l’«abilismo» ha impedito una vivibilità democratica dei territori e della società.
Cosa manca alla società odierna per ripristinare valori come la capacità di empatia e il rispetto per l’altro?
Sarebbe bello poter cancellare dal nostro vocabolario ogni parola che ha il prefisso “dis”: disuguaglianza, discriminazione, disabilità e accettare che la diversità umana è umanità.
Il termine abilismo, è un neologismo coniato negli anni Ottanta nell’ambito dei Disability Studies, si riferisce a un modo di pensare, costruire e vivere il mondo a misura delle persone che non presentano impedimenti fisici o di altro genere, non garantendo di conseguenza la possibilità di godere di una piena cittadinanza alle persone considerate disabili da tale visione.
La barriera più difficile da abbattere è il paradigma culturale di pensiero che si traduce in barriere sociali, mentali e fisiche nei confronti dei “non abili”. Come per le altre categorie sociali e culturali, vedi sessismo e razzismo, anche l’abilismo è uno stereotipo limitante.
Le criticità di un Paese si fanno più impattanti, e i nodi giungono al pettine quando riguardano una classe di persone, cittadini che, quotidianamente debbono lottare per il diritto all’istruzione, l’accesso al mondo del lavoro, il sostegno dei caregivers, il potenziamento delle infrastrutture sociali, la ristrutturazione di abitazioni.
Di chi stiamo parlando?
Stiamo parlando di persone. Persone che si trovano in una condizione di disabilità temporanea o permanente, che vivono in luoghi non ancora pronti per una vivibilità in piena autonomia.
In un paese civile, in una società equa, non sarebbe stato necessario istituire un ministero per le disabilità, ma nel nostro Paese c’è ancora bisogno di tanto lavoro, dunque l’impegno di Enti locali, associazioni del territorio e la partecipazione di cittadinanza attiva, insieme al ministero era fondamentale per ottenere un cambiamento. Tutti insieme e uniti per ottenere dei risultati concreti.
Il Ministro per le disabilità Alessandra Locatelli ha detto: Sì.
“Sono stati approvati tutti i programmi presentati per il Fondo Periferie Inclusive, che ho fortemente voluto istituire nella legge di bilancio 2023 e che finanzia progetti virtuosi e di rete, a partire dai contesti più problematici e periferici in Comuni con popolazione superiore a 300mila abitanti, con uno stanziamento di 10 milioni di euro”.
Con un Avviso pubblico per il Finanziamento di progetti a valere sul Fondo per le periferie inclusive La Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le politiche in favore delle persone con disabilità – decreta la Procedura di accesso ai finanziamenti a valere sul Fondo per le periferie, nonché’ le relative modalità di erogazione, monitoraggio dell’utilizzo ed eventuale revoca dei finanziamenti stessi.
I progetti approvati spaziano dalla creazione di centri diurni per persone con disabilità alla realizzazione di percorsi pedonali accessibili, fino all’organizzazione di eventi sportivi e culturali solidale. Sono tante le proposte volte a migliorare la vita delle persone, favorendo l’autonomia, la partecipazione sociale e l’integrazione nella comunità.
Prossimamente le periferie di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma e Torino, grazie all’approvazione dei progetti presentati per il fondo periferie inclusive, consentiranno una vita più civile alle persone con disabilità, alle loro famiglie, regalando così la speranza di un futuro fatto di aggregazione e pari opportunità.
Il futuro si costruisce con piccoli cambiamenti quotidiani, con il senso di responsabilità e l’impegno che chiama all’azione l’intera comunità, al fine di includere in modo coeso e solidale anche coloro che sono in condizioni meno agevoli.
L’attenzione necessaria per un mondo civile è una responsabilità globale, partecipare attivamente per abolire differenze di genere e di qualsiasi tipo, accogliendo le diverse condizioni di essere umani, è umanità.
Impegniamoci a promuovere delle politiche realmente efficaci nei confronti dei cittadini con disabilità per migliorare, non solo la loro qualità della vita, ma anche quella del resto della popolazione umana.