“U purtau u pani papà?”
Recità così uno sketch tra Pippo Pattavina e Tuccio Musumeci in una scena memorabile del 1980 a teatro.
“Lei c’è l’ha una sua sensibilità? Ecco, la usi.”
Il pane, il primo alimento nutritivo in una famiglia, che non dovrebbe mai mancare in una tavola.
Da sempre si è identificato il ruolo del padre, con il ruolo del capofamiglia, che porta il pane a casa.
Più o meno metaforicamente all’uomo, al padre, è stato affibbiato il dovere di provvedere economicamente alla famiglia, alla prole. Alla madre il ruolo di cura dei figli e regina della casa.
La ricorrenza di San Giuseppe, celebrata il 19 marzo, è un momento significativo nel calendario cattolico. Tuttavia, nel corso dei secoli, la figura del capofamiglia ha subito notevoli trasformazioni. Vediamo alcune tendenze attuali:
Età della Paternità: Gli uomini italiani diventano padri sempre più tardi. Questo ritardo è dovuto a vari fattori, tra cui cambiamenti sociali, carriere e scelte personali.
Congedo di Paternità: L’approccio al congedo di paternità sta cambiando. Sempre più padri prendono parte attiva nella cura dei figli, usufruendo dei congedi previsti per stare con la famiglia nei momenti cruciali.
Responsabilità nella Cura dei Figli: Nonostante il cambiamento sociale più lento, gli uomini stanno assumendo crescenti responsabilità nella cura della prole. Questo è un passo importante verso una maggiore parità di genere nei ruoli familiari.
Lungi da noi, in questa giornata di celebrazione, accendere polemiche sempre vive sulla disparità di genere. In una casa – soprattutto quando vi sono dei figli – ciascun genitore deve provvedere, secondo con le proprie possibilità a mandare avanti il progetto “famiglia”.
La legge non fa distinzione tra uomo e donna nei confronti della famiglia e dei figli. Entrambi hanno uguali diritti e doveri.
Non è una gara a chi fa di più e a chi fa meglio. E come incitava sulle scene l’attore Pattavina, occorre far emergere la sensibilità. Ebbene sì, anche gli uomini sono sensibili, bisogna riconoscerlo.
Quanto è difficile oggi, nel 2024 essere padri?
Qualche titolo sensazionalistico urla che nel 2024 i padri sono più “maturi” e impegnati nella cura dei figli.
Secondo gli ultimi dati Istat, la media di anni a cui si diventa papà per la prima volta, nel nostro Paese, è di 35,8.
La più alta d’Europa, pensando che in Francia si scende a 33,9 e in Germania a 33,2. Ma non solo: il 70% degli uomini italiani, più di 1 su 3, a 36 anni, non ha figli
Il crescente desiderio di paternità è un sentimento che andrebbe sostenuto con adeguate politiche di welfare. Tuttavia, nonostante l’importanza di questo tema, non si sta facendo abbastanza per promuovere una più equa ripartizione delle responsabilità genitoriali.
Nel nostro Paese persistono modelli di occupazione molto simili ai modelli statunitensi, in cui si trascorre moltissimo tempo in ufficio e nei luoghi di lavoro.
L’Italia è uno dei paesi dell’Unione Europea in cui è più alto lo squilibrio tra congedi di maternità e congedi di paternità. Attualmente i congedi di paternità si attestano al livello minimo dei dieci giorni indicati dalla direttiva UE sulla conciliazione.
Il congedo di paternità promuove la condivisione delle responsabilità genitoriali, affinché tutto il peso dell’accudimento dei figli non sia carico esclusivo della donna, e per consentire alla donna di non dover lasciare un’occupazione retribuita per svolgere il ruolo di madre a tempo pieno. Peraltro, senza negare le crescenti aspirazioni di realizzazione professionale, anche da parte delle donne, dove non si lavora in due, tirare avanti è maledettamente complicato.
C’è proprio un cambiamento nelle famiglie, con le compagne e le mamme che desiderano compagni più coinvolti e partecipi, è in crescita anche il numero dei padri che desiderano “esserci” e stare con i figli.
Dal 2013 ad oggi è triplicata la percentuale dei padri che accede al congedo di paternità, dal 20% si è passati al 62%, i dati nazionali però rivelano che al Sud la percentuale è più bassa. Mentre al Nord i papà che utilizzano il congedo ammonta al 70%, al Sud soltanto il 30% degli uomini si astiene dal lavoro per accudire il nascituro.
Le richieste di congedo di paternità sono aumentate, dunque il papà del terzo millennio sta interpretando al meglio il ruolo genitoriale?
Va da sé, che per chiedere il congedo parentale, occorre avere un contratto lavorativo.
La crisi economica è ormai un male cronico per la Sicilia. Nonostante i tentativi delle istituzioni di creare condizioni di crescita e progresso, nonostante l’impegno e la forza di volontà degli imprenditori, non si riesce a trovare una strada che porti ad una reale svolta.
Le statistiche Istat rivelano una percentuale di disoccupazione maschile in Sicilia del 14,4 %, per la fascia d’età che va dai 20 ai 64 anni e per una disoccupazione protratta oltre i 12 mesi, per l’anno 2023.
La situazione già critica, si fa più drammatica quando questi padri si trovano nella condizione di separazione, alla ricerca di una nuova abitazione e annesse utenze e i contributi da versare mensilmente per gli alimenti dei figli.
Se affiniamo l’indagine risulta che nel Mezzogiorno per l’anno 2022 erano 179 mila i genitori disoccupati per la fascia d’età tra i 25 e i 64 anni in tutta Italia e 173 mila i genitori che vivono in coppia, per la stessa fascia d’età e appena 30 mila i padri disoccupati con più di tre figli a carico.
In sintesi, la figura del capofamiglia sta evolvendo, riflettendo i cambiamenti nella società e nelle aspettative di genitorialità.
È fondamentale affrontare questa sfida e creare politiche che sostengano il desiderio di paternità e promuovano una maggiore parità di genere nei ruoli familiari. Solo così potremo garantire un futuro più equo e sostenibile per le famiglie italiane.