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“Virginedda Addurata 2.0” – Santa Rosalia al Teatro Canovaccio

“Virginedda Addurata 2.0” – Santa Rosalia al Teatro Canovaccio

CATANIA- è andato in scena per la Rassegna Palco Off, presso il Teatro del Canovaccio, lo spettacolo “Virginedda Addurata 2.0” con le attrici Francesca Vitale e Egle Doria per la regia di Nicola Alberto Orofino.

Lo spettacolo è tratto da un fatto di cronaca orribile, un delitto accaduto a Trapani nel luglio del 2012. La scrittrice Giuseppina Torregrossa per questa sceneggiatura si è ispirata al femminicidio di Maria Anastasi, compiuto dal marito Salvatore Savalli.

Un marito fedifrago, che insieme all’amante complice, uccide la moglie gravida del quarto figlio spaccandole la testa con una vanga e dopo averla cosparsa di benzina ha appiccato fuoco al suo corpo.

Un femminicidio di una crudeltà inaudita, di cui purtroppo, le pagine di cronaca ci informano quotidianamente, e che inevitabilmente riporta alla memoria la scomparsa dell’imprenditrice del vino Marisa Leo, anch’ella uccisa a Trapani dall’ex compagno.

“Virginedda Addurata” è andato in scena già nel 2016, in questa versione 2.0 è stato sfoltito in parte il copione, ma il messaggio resta immutato: “basterebbe usare la testa sul collo, i piedi per terra e senza tragediare” il buon senso, anziché andare a ‘disturbare’ i Santi per ricevere le grazie.

Lo spettacolo, infatti è incentrato sulla frustrazione di Santa Rosalia, nota eremita che ha trascorso la sua vita in estrema solitudine, Patrona di Palermo che è esposta controvoglia alle visite dei pellegrini, che le confidano e le affidano qualsiasi turbamento.

Se le statue dei Santi potessero parlare cosa direbbero? Questo è il pilastro portante dell’opera teatrale.

Sul palco una Santa Rosalia sui generis, indossa occhiali da sole con fiorellini posticci applicati, una vestina da casalinga, i gambaletti sanitari e ha il parkinson. Quel tremolio della mano sinistra denuncia tante cose allo spettatore: è imperfetta, avanti con gli anni, ma molto viva!

Francesca Vitale è perfettamente votata al suo ruolo, superba l’interpretazione con accento, tono e intercalari dialettali. È una santa spazientita, irritata e giudicante, lontanissima dall’icona statuaria silente, ma in fondo lei parla e lei si sente, l’ironia delle sue battute è acqua benedetta sui demoni della trama, ogni movenza e prossemica risulta perfetta agli occhi dello spettatore. È infastidita dai devoti che le raccontano i fatti propri, che con poco rispetto e poca fede cercano la grazia per risolvere qualsiasi sciocchezza. L’amara denuncia di un atteggiamento egoistico, dipinge perfettamente l’essere umano: quello che ricorda l’esistenza di Dio, giusto quando ne ha bisogno e invoca l’intercessione dei Santi anche solo per riuscire a fare una bella vincita alla lotteria!

“Io penso che l’amore non può essere una cosa tinta”

“Nella buona e nella cattiva sorte dev’essere mio e di nessun’altra!” Egle Doria in Maria gravida del quarto figlio, finalmente un maschio, che il marito traditore non apprezza, va a supplicare Santa Rosalia affinché il marito non l’abbandoni e ritorni nuovamente innamorato e legato a lei.

“Lassulu a mia! Chiudici la porta a chiave, incatenalo! Legalo alla sedia! Stoccaci le gambe”

Il trasformismo attoriale di Egle Doria che commuta brillantemente l’interpretazione dei 4 personaggi femminili è potente: a turno è la vittima, la figlia, la madre, ed infine l’amante Katrina. L’abilità di entrare e uscire dai personaggi, attraversando la platea per inginocchiarsi in preghiera davanti alla Santa è stata notevole.

Mentre Little Tony in sottofondo conduce lo spettatore verso un clima via via più drammatico, e con “Riderà” apre la scena al dramma più crudo, la figlia della coppia in crisi fuma una sigaretta insieme a Santa Rosalia e sfogandosi racconta dell’orco che l’ha generata e delle violenze domestiche a cui è riuscita a sottrarsi scappando dai nonni materni.

“Parlano, parlano, gridano, minacciano, carabinieri, denunciare, fallo arrestare… ma questa è la giustizia degli uomini non di Dio.

Cetti fimmini i paroli pari c’assuperchianu, e la sputazza non gli si secca mai”

I dialoghi da esilaranti, si fanno incisivi e sempre più crudi.

“A Santa Rosalia s’ha parrari sulu cu cori” reclama Francesca Vitale amareggiata.

Oltraggiata dalla visita della “buttana e mavara” Katrina – l’amante che convive con i suoi due figli a casa della vittima – Santa Rosalia replica: “Il buon senso delle madri di famiglia, ci vuole. Non un miracolo”

Perfino Giuseppe – il carpentiere dalle manacce troppo grosse- già omicida raggiunge Santa Rosalia, con la voce fuori campo di Fiorenzo Fiorito e confessando si autoassolve del reato: “Dietro ogni nostra azione non c’è mai la nostra volontà, ma la mano di Dio”.

A conclusione dello spettacolo si è tenuto un acceso dibattito con la moderazione di Renato Lombardo direttore artistico e le attrici sul palco. Il confronto scaturito tra il pubblico in platea e l’intervento della presidente dell’associazione Thamaia Anna Agosta (invitata ad assistere allo spettacolo) ha restituito, ancora una volta, la radiografia di quanto sia necessario e urgente sensibilizzare sulla tematica della violenza contro la donna e che a tal fine si rivela urgente impartire già a scuola nozioni di comunicazione non violenta ed educazione affettiva, a favore di empatia e parità di genere.